Il viaggio di Cecilia Coppola

C’era qualcosa di affascinante nel sole. Qualcosa di desiderato e temuto allo stesso tempo da tutti gli uomini. Qualcosa di tanto semplice quanto incomprensibile da potersi considerare una specie di paradosso. Qualcosa chiamato libertà. Forse era questo che aveva visto Icaro nel sole, una luminosa via di fuga dal fianco del padre e dalle complicazioni della sua vita. Forse era stato il desiderio di emancipazione, di indipendenza, a spingerlo sempre più in alto a cercare quell’effimero attimo di libertà. Ma la libertà è un istante e poi subito un ricordo, la sfiori e poi subito ti sfugge, ed Icaro, rapidamente come si era innalzato, era precipitato tra le scure ed ingannevoli spire del mare.

La vita è un continuo, estenuante viaggio alla ricerca della libertà, che l’uomo vede in tutto ciò che non ha, in ciò che desidera ardentemente, in ciò che non può ottenere. La trova da bambino quando fa i capricci perché vuole un giocattolo nuovo; la trova da ragazzo quando, davanti ad un armadio pieno di vestiti, si lamenta poiché non ha nulla da mettersi alla festa di compleanno; la trova da adolescente quando pretende di fare quello che vuole e di essere indipendente; la trova da adulto quando, con una famiglia, degli amici e un lavoro, fa di tutto per accrescere la sua ricchezza a discapito di tutto il resto. Arriva poi un momento in cui gli sembra di avere tutto ciò a cui potrebbe aspirare, ma basta un secondo che la vita gli ha già strappato via ogni cosa dalle mani. La ricerca della libertà è un viaggio compiuto sul ciglio di uno strapiombo: un passo troppo lungo, una pietra malmessa, e tutto crolla.

Tancredi era ad un passo dal tracollo. Aveva avuto sprazzi e assaggi di libertà, ma come l’aveva avuta l’aveva persa, come l’aveva avvertita solleticargli il palmo della mano già essa era stata soffiata via come sabbia dal vento.

I raggi caldi e luminosi del sole pomeridiano filtravano tra le fronde degli alberi del bosco che costeggiava il fiume e scintillavano sulle sue ciocche biondo platino. Tancredi camminava lentamente sulla riva, i pensieri e i ricordi che si mescolavano a ritmo con i passi. Di tanto in tanto si chinava, sceglieva un sasso sufficientemente piccolo e piatto e lo faceva rimbalzare sulla superficie increspata dell’acqua. Cic ciac, cic ciac ciac. Un due, un due tre rimbalzi. Prima riusciva a farne anche quattro o cinque.

Ricordava le vacanze estive in camper trascorse con mamma e papà a lanciare le pietre e vedere chi era capace di farle rimbalzare più volte. Al mattino si svegliavano di buon’ora e preparavano insieme la solita colazione: pane e marmellata di fragole, biscotti con gocce di cioccolato fondente e una tazza di tè alla menta. Una volta finito di mangiare e di sparecchiare, indossavano il costume da bagno e si tuffavano tutti insieme nel fiume, giocando a palla e abbandonandosi poi alla corrente, fino a precipitare con una piccola cascata nelle acque limpide del lago in cui sfociava. Uscivano dal torrente per rimpinzarsi di panini per pranzo e di marshmallows scaldati sul falò di sera tardi. Estati di risate e racconti intorno al fuoco, di tuffi nell’acqua fredda e ricordi rivissuti.

Tancredi proseguì la passeggiata e desiderò essere la luce solare che brillava sulla superficie del fiume in un luccichio ammaliante. Sognava di percorrere in un battito di ciglia centinaia di migliaia di chilometri senza fermarsi mai; immaginava di riflettersi nel bianco e nascondersi nel nero, espandendosi nei luoghi più luminosi e celandosi in quelli più cupi; fantasticava di superare qualsiasi atmosfera, nuvola, catena montuosa e tuffarsi in quelle acque cristalline, luccicando sulle pietre del fondale.

Fin da bambino, Tancredi si era sempre divertito a confrontare e associare concetti logicamente lontani fra di loro, proprio come la vita e la luce. Sono idee così distanti e vicine che si contraddicono e si confermano tra loro allo stesso tempo, come un paradosso. Entrambe rievocano l’idea di un viaggio infinito che segue un percorso rettilineo, ma che può essere sviato o meno dagli ostacoli che incontra: come la luce può passare attraverso altra luce senza conseguenze, o essere deviata in parte da uno dei colori che la compongono, o ancora essere inghiottita completamente dal buio agghiacciante, così la vita può andare avanti lasciandosi il passato alle spalle o cedendo di tanto in tanto, o anche soccombendo ai ricordi e precipitando in un baratro senza fondo.

Tancredi aveva sempre avuto un sogno: viaggiare all’infinito, senza fermarsi mai. Voleva vedere con i suoi stessi occhi i luoghi che gli avevano descritto suo padre e sua madre, tornati dagli innumerevoli viaggi di lavoro, e visitare tutti quelli in cui non avevano fatto in tempo ad andare, perché qualcuno li aveva voluti al suo fianco lassù, tra le nuvole. Perciò, una volta compiuti i diciotto anni d’età, aveva raccolto tutti i soldi che s’era guadagnato e conservato, aveva salutato i parenti, ed era partito. Non gli importava il mezzo di trasporto o la destinazione, semplicemente andava, ripetendosi soltanto nella testa la frase che gli ripetevano sempre i suoi genitori: “Sii come la luce, Tancredi, non fermarti mai”. Viaggiare gli permetteva di non lasciarsi abbindolare e trattenere dai ricordi, ma allo stesso tempo gli dava la possibilità di abbandonarsi alla corrente e al proprio cuore, libero, ma senza bloccarsi mai. Ma un giorno, mentre sfogliava il diario di viaggio dei suoi genitori che portava sempre con sé, aveva trovato una foto un po’ sbiadita dal tempo, che lo ritraeva insieme alla sua famiglia proprio sulle rive su cui stava camminando ora e, dopo averla osservata per un tempo infinito, aveva deciso per la prima volta da quando era partito di tornare alle origini.

Capolinea. Tancredi era arrivato alla cascata che univa il fiume e il lago in cui faceva sempre il bagno da bambino. Si sfilò la maglietta a maniche corte e le scarpe e le abbandonò insieme allo zaino accanto al tronco di uno degli alberi che si protendevano su quelle acque cristalline. Si girò nuovamente e si avvicinò al bordo scivoloso. Ora aveva due possibilità. Voltarsi indietro. Saltare.

Pensò ai suoi genitori. Alle estati trascorse tra bagni e risate. Ai racconti dei viaggi sussurrati nel suo orecchio per farlo addormentare. Alle cene davanti al fuoco. Ai litigi e agli abbracci. A “Sii come la luce, Tancredi, non fermarti mai”.

La luce non si fermava mai, neppure quando sprofondava nel buio, cercava invece una via d’uscita, un bagliore che le restituisse la tanto amata e temuta libertà.

Tancredi capì. Cercò la libertà. Cercò la luce. Viaggiò. Saltò.