Il viaggio di Ismaeil Alaa

Spesso i ricordi tornano e io oggi, 27 gennaio, in questo giorno così nuvoloso e grigio, vorrei ricordare.

Me lo dicevano: forse subito dopo l’esperienza di quel viaggio non si sarebbe potuta percepire l’importanza di ciò che avevamo vissuto.

Ma oggi, proprio oggi, tutto mi porta a ricordare, soprattutto la neve che ricopre le strade e i tetti. La stessa neve che ricopriva gli interi campi di Auschwitz-Birkenau, dove abbiamo camminato a lungo, nel freddo, in silenzio. Un silenzio che non potrò mai dimenticare, così assordante, pieno di grida, pianti, sofferenze.

Mi ricordo ancora di come ci lamentavamo del freddo, nonostante fossimo ben vestiti. Quello stesso freddo che tanti altri prima di noi hanno sentito penetrare nella pelle, scarna, nuda, in condizioni inimmaginabili e tanto meno descrivibili.

Ad ogni passo, in quelle lande desolate, sentivo il senso dell’orrore, una paura vissuta indirettamente, ma che mi ha lasciato un segno.

Ecco perché oggi voglio testimoniare e viaggiare in quei tremendi ricordi.

Ahimé, non ho le parole adatte per descrivere l’orrore di quei momenti. Gli stessi prigionieri avevano difficoltà ad esprimerlo, perché ricordare rinnova la miseria in cui si è vissuti. Primo Levi, testimone sopraffatto e sconfitto dal ricordo, dice ai posteri: “Allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo (Se questo è un uomo).

Ho provato un senso di colpa, tuttora lo provo. Quello di appartenere al genere umano, alla peggior specie. Una specie che non ha compreso il valore della dignità umana e del rispetto reciproco. “Perdona loro, non sanno quello che fanno…” disse un tempo Qualcuno.

Mi chiedo ora se l’uomo abbia imparato qualcosa dagli errori del passato.

Mi auguro che non possa mai più capitare un simile scempio, a maggior ragione in un mondo globalizzato come oggi, dove ci sono ancora tanti, troppi odi razziali.